Siamo imprigionati all’interno di un quasi-mercato manipolato ed etero-diretto da conglomerate ed istituzioni finanziarie il cui obiettivo di fondo è di appropriarsi di risorse dell’economia reale, attualmente di proprietà degli Stati, delle famiglie e delle imprese (vedi mio articolo “Da modelli di sviluppo a meccanismi di appropriazione”).
Ma chi tira le fila di questo sistema? Chi sono i burattinai?
L’architrave del sistema poggia su poche grandi conglomerate definibili come “super-entità” per la forza d’urto, per la trasversalità settoriale e la transnazionalità della sfera d’azione. Tra queste, vale la pena citarne almeno quattro.
BlackRock, posseduta principalmente da Merrill Lynch (al 49,8%), a sua volta posseduta da Barclays, State Street Corporation, Axa, Vanguard Group e altri. BlackRock gestisce direttamente oltre $5.000 miliardi di capitali, pari a quasi la metà del PIL di tutta l’Eurozona (!).
The Vanguard Group Inc., posseduta per l’86% da hedge funds tra cui Price Associates, BlackRock e Credit Suisse, con $3.000 miliardi di capitali in gestione (il doppio del PIL italiano).
State Street Corporation, posseduta tra gli altri da Barclays, Citigroup, General Electric e Vanguard, con $2.500 miliardi di capitali in gestione.
Capital World Investors, posseduta da numerosi hedge funds con sfera di azione globale, e con circa $1.500 miliardi in gestione.
Queste conglomerate posseggono quote rilevanti delle principali società quotate nelle principali borse valori mondiali, sono proprietarie di banche “troppo grandi per fallire” (“TBTF”, come Bank of America, Bank of New York, JP Morgan, Barclays etc.), banche centrali (FED, BCE, BOE, per il tramite delle banche commerciali), società di rating (Moody’s, Standard&Poor’s, Fitch), cartelli interbancari per la determinazione dei tassi di mercato (Libor e Euribor).
Inoltre, hanno propri rappresentanti diretti nei consigli d’amministrazione delle principali borse valori (quali Nyse Euronext, Nasdaq, London Stock Exchange, Borsa di Francoforte e di Hong Kong..), controllano il London Bullion Market per il fixing dell’oro, possiedono migliaia di sub-holding industriali in oltre 60 Paesi nel mondo, sono i proprietari di Mastercard e Visa, controllano tramite le banche commerciali di loro proprietà i circuiti elettronici di regolamento delle transazioni finanziarie come Clearstream ed Euroclear, e possiedono o sono creditrici di giornali e TV main-stream, ispirandone la linea editoriale.
Il nucleo di questo sistema comprende circa 1.300 aziende con proprietà incrociate che rappresenta un blocco affaristico-finanziario compatto ed operante su scala globale. Tanto per citare una delle migliaia di diramazioni di questa matassa, si pensi che Standard&Poor’s è in larga parte posseduta da McGraw Hill, che a sua volta ha come primo azionista Capital World Investor, che è lo stesso azionista di Goldman Sachs, Jp Morgan, Citigroup, Facebook, Apple e Microsoft. Moody’s a sua volta ha come primo azionista Capital World Investors (al 10%) ma anche ciascuna delle altre tre conglomerate con percentuali tra il 3% ed il 5% cadauno. E’ un incastro dove tutti possiedono tutti.
Questo nucleo di 1.300 aziende genera direttamente il 20% dei ricavi operativi mondiali (!) ed indirettamente, attraverso partecipazioni in sub-holding, un ulteriore 60% di fatturato proveniente da aziende manifatturiere. Quindi, circa l’80% del fatturato mondiale è riconducibile a questo blocco incrociato di 1.300 aziende.
Un sottoinsieme di questo nucleo, che include le 147 “super-entità” collegate tra di esse in maniera ancora più stretta da partecipazione incrociate, è in grado di controllare l’intera rete globale rappresentata dalle 1.300 aziende citate. Tra i primi 20 nomi delle 147 super-entità vi sono BlackRock, Vanguard, State Street, Capital World, Barclays Bank, JPMorgan Chase & Co, e il gruppo Goldman Sachs (fonte: Business Insider).
Queste super-entità sono gestite da un migliaio di top-manager che ne determinano le scelte, le alleanze, la filosofia di gestione. Questi individui escono dalle principali università e business schools del mondo, parlano la medesima lingua, sono infarciti della medesima cultura gestionale, caratterizzata da un laicismo apolide in grado di adattarsi a qualsiasi identità locale, ed il cui obiettivo di fondo è la massimizzazione del profitto e l’appropriazione di risorse dall’economia reale.
Non vi sono visioni politiche, scienze sociali, credi religiosi o sistemi economici che essi preferiscono rispetto ad altri. Dunque, quando due Stati entrano in guerra, o vi è una elezione presidenziale, o una banca rischia di fallire, o uno tsunami si abbatte su una costa popolosa, queste super-entità hanno sempre e comunque la possibilità di guadagnare.
Gli obiettivi intermedi che queste super-entità perseguono sono precisi e pragmatici. Tra questi citerei la delocalizzazione di divisioni e società partecipate, l’applicazione di prezzi di trasferimento fittizi interni ai rispettivi gruppi, la riduzione dei costi del lavoro e l’intensificazione del precariato, l’esecuzione di operazioni di fusione e acquisizione fittizi, allo scopo di iscrivere in bilancio differenze di fusione, plusvalenze o minusvalenze di natura elusiva.
Per conseguire questi obiettivi hanno a propria disposizione strumenti estremamente efficaci, strumenti di “governo” e di appropriazione, che sono primariamente il controllo della moneta, la proprietà dei mezzi di informazione, l’attività di lobbying sulla legislazione del lavoro e sulla fiscalità. Questi sono gli “artigli” del sistema, quelli che occorre neutralizzare.
Il controllo della moneta in circolazione è senza dubbio lo strumento più potente a disposizione. Le super-entità sono infatti i veri gestori della massa monetaria in circolazione, su più livelli: attraverso le banche centrali fanno emissioni primarie di moneta, attraverso le banche commerciali creano moneta mediante i depositi fittizi generati dai prestiti alla clientela, attraverso Mastercard/VISA creano denaro per il micro-credito al consumo, e così via utilizzando altri strumenti di proprietà.
L’obiettivo intermedio di questo meccanismo è indebitare l’economia reale a tutti i livelli: Stato, famiglie, e imprese, mediante una moneta svincolata da valore reali, e tenuta rigorosamente al di fuori del controllo della sfera politica.
Di fatto, le super-entità sono assimilabili a moderni “imperi” dove l’occupazione militare è stata sostituita dall’occupazione “finanziaria” costruita e perpetrata attraverso lo strumento fondamentale del debito.
Un sistema indebitato è controllabile dall’esterno, è influenzabile, ed è depauperabile tramite gli interessi passivi corrisposti su una moneta creata dal nulla da soggetti privati esterni alla sfera dell’economia reale e concessa a prestito ai veri utilizzatori della stessa.
I mezzi di informazione contribuiscono non poco a questa strategia. Ad esempio, fanno credere che le misure governative di austerità per l’Eurozona, o il fallimento della Lehman Brothers o l’ISIS siano fatti accidentali o conseguenze del ciclo economico, anziché eventi artefatti creati allo scopo di provocare trasformazioni endogene al sistema.
Evidentemente tutto ciò crea l’humus adatto per il formarsi di coalizioni politico-amministrative che completano il lavoro. Qualche esempio. Tramite le agenzie di rating dettano agende di governo per imporre l’austerità e creare lavoro precario attraverso riforme tipo Job Act; tramite i media sollecitano e gestiscono la deportazione in massa di clandestini per contribuire alle pressioni deflattive sui salari; tramite lobby parlamentari inducono riforme fiscali che consentono ad un’azienda che produce e vende automobili in Italia di avere la sede fiscale in Olanda…
Tutto ciò determina un mondo asimmetrico dove oltre alla forza finanziaria, mediatica e politica di queste super-entità vi è la capacità di eludere le normative fiscali, societarie e del lavoro che invece vengono applicate con severità alle aziende domestiche ed alle piccole e medie imprese, che così continuano ogni giorno a fallire. E’ una lotta impari…
Un pensiero primitivo potrebbe a questo punto giungere alla conclusione che ci sono quindi dei burattinai e dei burattini, che il vertice della piramide sia identificabile, perché è proprio in modo piramidale che siamo abituati a pensare. Purtroppo così non è. Un intreccio inestricabile di compartecipazioni, debiti incrociati e sfere di influenza concatenate fa sì che ciascun burattinaio sia al tempo stesso burattino di qualcun altro e alla fine burattinaio di sé stesso.
Questo avviene ai livelli delle grandi corporations, così come al livello di ciascun singolo, che egli ne sia cosciente o meno. Ad esempio, il possessore di una carta di credito pensa di utilizzare il credito concessogli dalla Mastercard, ma in realtà è il credito ad utilizzare il consumatore, il suo impulso all’acquisto compulsivo, la sua necessità familiare e la forza del proprio lavoro che sarà necessaria per ripagare il debito creato. Utilizzando quella carta di credito, il consumatore collabora alla creazione di moneta privata che aumenta il debito dell’economia reale e la rende maggiormente controllabile dalla sfera finanziaria.
E’ un meccanismo che si propaga senza più necessità di una regia. Siamo entrati in una “matrice”, dove gli Stati nazionali sono ridotti a poco più di condomini, dove una banca si auto-proclama “centrale” ed “europea” quando in realtà è un’azienda privata regolata dal diritto internazionale, dove lo smembramento della tutela del lavoro viene definita “job act”, dove l’appropriazione indebita di ricchezza privata si chiama “bail-in”, dove un meccanismo fittizio di pressione sui Governi si chiama “spread” e la grande menzogna della crisi sistemica si appella alla “austerity”.
Il cosiddetto “sistema” è una matrice multi-livello fondata sul debito che non ha più un cuore, né un punto nevralgico, e per questa ragione non è aggredibile né dall’esterno né dall’interno.
Anzi, quelli che possono sembrarci elementi di debolezza, crisi o punti di discontinuità sono quasi sempre trasformazioni endogene necessarie alla matrice stessa per sostituire i nodi logorati e rigenerarsi nel tempo aumentando la propria densità…
Questo deve essere compreso e assimilato a fondo prima di passare alla formulazione di qualsiasi strategia d’azione. Confondere i burattini con i burattinai e cadere nel tranello dei falsi segnali artefatti dal sistema è una prerogativa reazionaria e perciò funzionale al sistema stesso.
Questo sistema non può essere combattuto frontalmente, non bastano coalizioni politiche né esistono soluzioni tecniche attuabili a breve. Il proprio potere passa attraverso i nostri corpi, è entrato nelle nostre tasche, agisce tramite le nostre mani e ha plasmato le nostre menti. Non è un qualcosa di esogeno rispetto alla sfera sociale e politica tanto da poter essere sovvertito; è piuttosto endogeno ad essa, e quindi lo si può combattere unicamente modificando la struttura ed il funzionamento dei rapporti sociali ed economici tra famiglie, imprese e pubblica amministrazione. Occorre spiazzarlo…
Alberto Micalizzi
(nei prossimi due articoli mi focalizzerò sulla struttura del sistema e su possibili strategie d’azione)
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