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Tra le diverse opzioni d’uscita dal pantano MPS sta profilandosi quella peggiore: l’intervento dello Stato che spende soldi pubblici per salvare una banca lasciata poi sostanzialmente ad ottiche di gestione privata, con la minaccia MES che rimane comunque sullo sfondo.

Quando dico “sostanzialmente” alludo al rischio che a fronte di una partecipazione maggioritaria nel capitale di MPS il Tesoro possa comunque dare spazio ad un parterre di privati ai quali delegare da subito la gestione strategica ed operativa della banca (alcuni nomi sono già trapelati) e, in seguito, rivendere la banca stessa a questi privati una volta rimessa in sesto, ovviamente ad un prezzo inferiore al costo del salvataggio…

Sarebbe un obbrobrio etico e giuridico, e porterebbe con sé un’importante conseguenza futura, quella di spingere gli operatori finanziari a commettere “azzardo morale” (“moral hazard”): infatti, un operatore privato, convinto che nella peggiore delle ipotesi gli organismi di controllo si asterranno dal giudicare il proprio dolo e quelli di governo interverranno per sanare il problema creato, intraprenderà azioni sempre più rischiose e scellerate.

L’azzardo morale è una tecnica ed una tattica allo stesso tempo, studiata nei testi universitari moderni di microeconomia e di finanza, dove però come spesso succede il tema è privo di risvolti politici. Infatti, non ho mai letto in questi testi che l’azzardo morale è alla base del connubio tacito tra settore finanziario e organismi governativi, né che ha partorito quell’odiosa dottrina del “troppo grandi per fallire” (TBTF, acronimo di “too big to fail”) che fu spavaldamente applicata a banche del calibro di Morgan Stanley, Goldman Sachs, AIG e buona parte del gotha finanziario occidentale nel biennio 2008-2009 durante l’ultimo importante rigurgito sistemico che ricordiamo.

Oggi molte banche e corporations si fondono proprio per diventare “troppo grandi per fallire”, per sfuggire alle normative che penalizzano inesorabilmente la piccola dimensione e la proprietà familiare, che sono invece il DNA del nostro sistema economico.

E’ la logica del “libero mercato quando ci pare”, quando consente di svendere beni pubblici, privare la popolazione del controllo sui beni essenziali come l’acqua, l’energia elettrica e le telecomunicazioni, costruire elaborate operazioni di elusione fiscale, salvo poi accettare tacitamente il “non mercato” quando l’azzardo morale sfocia nel fallimento.

Proviamo a riflettere su una domanda. Quale rischio – soprattutto personale – percepirono i vertici di Banca Nomura quando nel 2009 costruirono il derivato “Alexandria” per occultare le perdite di MPS? O i dirigenti di Standard&Poor’s nel commettere la manipolazione di mercato nel 2011 per la quale sono oggi a processo a Trani? O il consiglio d’amministrazione del gruppo Fiat nel 2012 nell’eleggere domicilio fiscale in Olanda? Pressoché nessuna percezione di rischio…

Proviamo, al contrario, a pensare ad un piccolo imprenditore italiano che subisce un fallimento da 30.000 euro, o non paga un cartella esattoriale, o per colpa o dolo sbaglia una dichiarazione dei redditi…. È la sua fine personale e familiare! Qui si che il rischio è tangibile.

L’azzardo morale è ciò che alimenta l’essenza stessa della matrice finanziaria che ci imprigiona, in una tal misura che il cancro si fa corpo, estendendosi in maniera così capillare da costringere la parte ancora sana dell’organismo ad alimentarlo piuttosto che combatterlo perché combatterlo vorrebbe dire suicidarsi (proprio in ragione del principio “troppo grandi per fallire”).

Per questo oggi i Governi nazionali sono paragonabili ad un “sistema nervoso” che intercetta il problema ed agisce da pronto soccorso intervenendo per curarlo, salvaguardando quindi l’espansione della matrice finanziaria, l’aumento della propria “densità”, cioè l’intensificarsi delle relazioni incrociate tra poteri forti, dei cartelli oligarchici, dei meccanismi di appropriazione di risorse economiche dell’economia reale da parte della sfera finanziaria (meccanismi quali il debito pubblico, il MES, il “bail-in” ne costituiscono alcuni esempi).

Dunque, la matrice non è attaccabile frontalmente perché ne siamo noi stessi parte integrante,  come scudi umani involontari e causa primaria di azzardo morale da parte del settore finanziario.

Ciò detto, da qualsiasi forza politica che ponga la sovranità popolare al centro del proprio programma dobbiamo pretendere un chiaro impegno a combattere ogni forma di azzardo morale, con strumenti sia politici che giudiziari, cominciando con la nazionalizzazione formale e sostanziale di MPS, che deve diventare una vera banca pubblica con l’obiettivo di raccogliere fino a €400 miliardi presso la BCE a tassi prossimi allo zero ed intraprendere una vasta campagna di finanziamento alla micro, piccola e media impresa.

Il valore di raccolta potenziale che ho indicato non è casuale. E’ pari a circa il 20% dell’attuale debito pubblico italiano, percentuale simile a quella che la banca pubblica tedesca “KFW” detiene rispetto al debito pubblico tedesco. Infatti, nel 2015 la KFW ha riportato una raccolta di €415 miliardi a fronte di una spesa per interessi passivi di €345 milioni, pari quindi ad un tasso dello 0,1% (il nostro debito costa oggi il 4,1%…).

Questa è una delle prime scintille di cui abbiamo bisogno, certamente all’’interno di un più articolato mix di iniziative concrete, sia a livello di politica istituzionale che tramite azioni capillari sul territorio (alcune di queste iniziative peraltro sono persino compatibili con i vincoli imposti dai Trattati europei). Occorre dare ossigeno al Paese, per poi passare alla revisione dei Trattati da una posizione di minore debolezza.

La crisi di MPS ci offre in tal senso una grande opportunità di provocare un primo squarcio tra le maglie della matrice che ci imprigiona. Non lasciamocela sfuggire.

Alberto Micalizzi