I Paesi occidentali sono investiti da un’ondata inflattiva che appare fuori controllo. Solo nelle ultime ore, il Regno Unito ha riportato un incremento dei prezzi al consumo del 10,1%, tornando dopo 40 anni alla doppia cifra, e la Germania un’inflazione dei prezzi industriali del +37,2%, cosa mai successa nella storia (il grafico riportato sotto evidenzia l’unicità del fenomeno).

Si badi, questa non è un’inflazione da eccesso di liquidità (troppo denaro in circolazione) bensì da scarsità di beni (poca offerta di prodotti). Deriva cioè dal fatto che i produttori di materie prime ma anche di beni industriali intermedi hanno diminuito la produzione e quindi l’offerta, per numerose ragioni, tra le quali citerei la paralisi economica seguita alle restrizioni Covid ma anche una volontà meramente speculativa da parte di cartelli internazionali di produttori e distributori.

Questo tipo di inflazione non si combatte con l’aumento dei tassi di interesse, come le Banche centrali stanno cercando di fare. Infatti, non solo l’aumento dei tassi è insostenibile a causa del livello raggiunto dai debiti pubblici dei principali Paesi occidentali, USA ed Eurozona in primis, ma, paradossalmente, tassi più elevati diminuiscono i capitali a disposizione delle imprese e riducono la capacità produttiva, finendo per contrarre ulteriormente l’offerta di beni e servizi e aumentare, anziché diminuire, l’inflazione.

Dunque, il problema si risolve espandendo l’economia reale, non contraendo quella finanziaria. Occorre cioè stimolare la produzione con l’obiettivo di aumentare l’offerta di beni con conseguente diminuzione dei prezzi.

Per fare questo ci sono due strade di fondo: agire sulla domanda interna o puntare sulla bilancia commerciale (import/export). Negli ultimi mesi il modello di globalizzazione selvaggia è entrato in crisi e ciò è testimoniato dalla contrazione dell’export di Germania e Cina (ma anche dell’Italia), le cui economie sono tradizionalmente sbilanciate sulle esportazioni. Nello scenario attuale di de-globalizzazione è dunque necessario puntare sulla domanda e sulla produzione interna, l’esatto opposto della narrativa neo-liberista.

Per un Paese come l’Italia questo richiede un piano straordinario di crescita del PIL di almeno €200 miliardi in 3 anni che punti prevalentemente su consumi interni, investimenti e spesa pubblica “produttiva”.

Per conseguire questi obiettivi occorre adottare politiche fiscali espansive, come la riduzione dell’IVA, attivare una banca pubblica di finanziamento alle imprese e raccogliere il risparmio degli italiani con modalità innovative che non espongano alla speculazione sul debito ed alle manipolazioni dello spread (a queste soluzioni farò cenno in un prossimo articolo).

In tutto questo, del Patto di Stabilità occorre fare un falò..

E’ dunque possibile riposizionarsi nel nuovo scenario di de-globalizzazione che sta prendendo forma. Quello che è mancato sinora è la volontà politica, cioè sono mancati uomini politici visionari e consapevoli del nuovo corso che la storia ha innescato.

Alberto Micalizzi, 20 Agosto 2022